mercoledì 8 dicembre 2010

Care bugie

Mi inganni, come pure mi ingannano queste fottute paure, che mi gelano, paralizzano. Le tue care bugie le ho amate più di ogni altra cosa: come neve alla sera, hanno coperto tutto ammutolendo anche le voci più maligne e acute. Mi inganni, come pure fa l’amore, quel Dio bastardo, figlio di puttana. Mi inganni come mi inganna il tempo che passa silenzioso tra queste ciglia, su questa pelle, tra le mie mani. E mi inganni come fa l’amore che mi riempie o mi svuota, che mi fa piangere o godere, che mi fa dormire o vegliare. Mi inganni come fa il vento, che si infila sinuoso tra le fronde degli alberi a far tremare le foglie lasciandomi credere, illudere, che quello sia il melodioso scrosciare della pioggia.

Mi inganni e io ti adoro per questo, perché riempi i buchi di questa tremante esistenza con le menzogne che mi piacciono di più, quelle che voglio sentirmi dire.

sabato 6 novembre 2010

Le lacrime d’oro degli alberi.
The trees can hear you if you talk to them.

Che cazzo ne sapete voi delle lacrime d’oro degli alberi sul viale, delle loro grida fatte di muschio e buio. Che ne sapete voi di quanto un solo soffio di vento possa fare male. Cazzo ne sapete voi di quanto sia duro il cemento in cui affondano le radici, di quanto sia crudele il viale. Che ne sapete voi di quanto faccia male un soffio di vento.


Quante foglie ha un albero, voi lo sapete? Lastricano i viali nei miei sogni occasionali. Quanto muschio su questo cuore esposto a nord! Quante rughe ha la corteccia di un albero, voi lo sapete? Ruvidità su cui passerei le labbra per ore, in uno dei miei giorni feriali. Quanto muschio sui miei sospiri esposti a nord!
Gli alberi posso sentirvi, se parlate con loro, siete voi che non potete sentirli.
Sotto il palmo della mano, quel velluto verde e marrone mi fa tremare.


Che cazzo ne sapete voi delle speranze e delle preghiere che ogni ramo rivolge al cielo. Che ne sapete voi di quanto un solo soffio di vento possa fare male. Cazzo ne sapete voi della fecondità delle formiche che si annidano in loro. Che ne sapete voi di quanto faccia male un soffio di vento.
Cazzo ne sapete voi di quanto la stabilità possa fare male.
Quanto muschio su questa certezza esposta a nord!

martedì 2 novembre 2010

Comunisti pessimisti

Tizio: "E cosa vorresti fare da grande?"
Io: "Voglio diventare Ruby"
Tizio: ...
Io: "Lo so, ho 10 anni di più"
Tizio: "E ma sei poco abbronzata!"

giovedì 7 ottobre 2010

Violenta.

Il pensiero si insinua, penetra lento e voluttuoso. Come carne tremula la mia mente si scuote. I sospiri alzano nuvole di polvere e fiori morti.

Si fa più forte il tuo pensiero, più costante dentro me e si fa spazio invadendo giorni, settimane, mesi di vuoto assoluto. Indugiare.

Il sudore spunta dai pori in minuscole gocce. La fronte imperlata, le guance paonazze. Il ritmo è lento ma aumenta. Il silenzio lo taglio in minuscoli brandelli con esili grida, ma l’esplosione di urla è nella mia testa. Ogni piccola sensazione passata si fa carne e sangue, si fa forte dentro di me.

Il ritmo serrato del tuo pensiero mi strozza. Il respiro spezzato da innumerevoli micro esplosioni di emozioni.

Il pensiero si fa violenza.

La mia coscienza abbraccia le tenebre e il mio corpo, completamente fradicio, non risponde al mio volere.

Il tuo pensiero mi possiede. Si è fatto lama e strappa ogni singola membrana.

Al sudore, sul mio volto, si confondono poche ma dense lacrime, che prendono a nascere da violenti sussulti. Tremori. Paure.

Ora quel pensiero si fa strada divenendo timore. Lascia una scia a terra di umido veleno.

giovedì 2 settembre 2010

Questione di pelle

Cristalli di conchiglie, vetro, madreperla e metallo nuotano nell’acqua, depositandosi sul fondo, sopra la sabbia. Luccicano alla luce del sole di agosto, un sole stanco, malato. La mia pelle bianca, pulita, riflette ogni raggio. Sento gli sguardi addosso. Abbasso lo sguardo. La sabbia scorre veloce e viscida tra le mie dita. Si scioglie rapidamente nell’acqua rendendola torbida. C’è puzza di pesce putrido.

Ho voglia di trovare la vita nelle pozzanghere lungo il molo, invece tu ci vedi solo la morte. Schiuma cancerogena e morte. Esagerata. Nuvole di microscopici pesci scuri si nutrono di ciò che resta attaccato sul fondo delle barche attraccate nel porto, incredibili parassiti eleganti e sinuosi.

Vecchi pescatori rinfrescano le rughe tagliate dai raggi solari e dalla salsedine all’ombra di un capanno arrugginito. Scherzano e ridono tra di loro in dialetto. Un manifesto campeggia sulle loro teste bianche, dice ‘Nuoto e inglese a San Benedetto’. Poi penso ai ratti che si nascondono da qualche parte, che ci osservano e che aspettano il momento giusto per uscire allo scoperto.

Il piazzale sembra non finire mai e spero che un po’ di brezza riesca a rinfrescarmi il collo. Ho paura di cadere in acqua, ci penso continuamente, poi lo immagino. Sorrido amaramente vedendomi affogare. Sento il respiro farsi più veloce. Sento la tensione irrigidire i muscoli.

In libreria vago per un po’ prima di decidere che chiedere ciò che cerco renderebbe tutto più semplice. Magari fosse sempre così. Forse non sempre.

Il riflesso sulla vetrina mi mostra un’immagine di me che sembra lontana. Non riconosco il mio volto. Questo involucro che mi contiene non sono io, non mi appartiene. Questa faccia è solo vagamente somigliante alla mia. Sfatta. Mi sento sfatta. Gli occhi sono gli stessi, i vestiti anche benché abbiano un diverso modo di appoggiarsi al mio corpo. La pelle, i nei, le lentiggini sono le stesse. Ma non mi riconosco. Sono sfatta.


Passo la lingua sul dorso della mano per assaggiarmi. Sento l’odore del mare, il suo sapore sciogliersi lento sulla lingua granulosa. Brivido lungo la schiena fino alla nuca, al collo, al seno.

Chiudo gli occhi rifugiandomi nel buio che mi accoglie sotto le palpebre. Odio l’estate. L’estate è la stagione più triste ed oziosa dell’anno. Come sempre aspetto l’autunno per risorgere o per morire.

martedì 17 agosto 2010

Per un cuore di eternit

L’amore è una cagna bastarda che mi lecca i piedi.
Ieri ho urlato a una luna di piombo le parole che non so dirti.
Un branco di falene mi ha succhiato via la luce lasciandomi fosca e opaca.
Senza parole non riesco a capire, senza scrivere mi sembra di appassire.

L’amore è un vile che mi ruba un portamonete sdrucito e vuoto
È un vile a cui avrei la forza di spaccare le ossa.
Se mi assento da me stessa rischio di fare del male
Se ti assenti da me rischi di farti davvero male.

L’amore è una foglia di ortica che bisogna lavare bene
Ma la mia pigrizia è più forte e poi adoro il dolore.
Non pagherei più di 3 euro per un cuore di eternit
Ma pagherei con la vita un’emozione che mi faccia sanguinare.

lunedì 26 luglio 2010

A me Belen m'è sempre stata sul cazzo

Spett.le TIM,

a seguito di un, o meglio dire l’ennesimo, Vostro disservizio mi ritrovo a spendere ulteriori denari per l’invio del presente fax.

Sono una Vostra fedele utente da circa 5 anni e da oggi, 26 luglio 2010, ho la scheda sim bloccata nonostante le 4 richieste di aggiornamento dati (che in un anno, facendo una media matematica, sono 1 aggiornamento ogni 3 mesi!!!).

Il magnifico calvario ha inizio meno di un anno fa, ma a quanto pare non ha ancora avuto fine grazie al fatto che non viene effettuato l’aggiornamento dei miei dati (quale sia la ragione a noi poveri sventurati utenti TIM non è dato sapere): le date di richiesta di aggiornamento presso i diversi negozi TIM sono presenti sui vostri terminali, l’ultima in data odierna, tuttavia i miei dati non risultano inseriti. Risultato: scheda sim bloccata.

Come dimenticare i fantastici momenti passati al telefono a litigare con i poveri sventurati operatori di call center TIM o meglio ancora in attesa: un rimedio contro la solitudine! Porterò per sempre nel mio cuore il bellissimo tour, di cui avrei fatto volentieri a meno, presso i diversi punti TIM: entusiasmante!

Da operatrice di marketing posso affermare che la Vostra gestione del ciclo di vita delle relazioni con i clienti è a dir poco penoso e, personalmente, appena avverrà lo sblocco della mia sim (ormai passo le notti a sognare una sim bionda vestita d’azzurro giungere alla mia porta su di un cavallo bianco) provvederò al cambio del gestore telefonico. In cambio Vi offrirò un passaparola straordinariamente negativo: complimenti, avete appena perso un fedele cliente!


Sgarbatamente,

S. L.

venerdì 18 giugno 2010

Stanza.

Guarda la sua immagine riflessa nello specchio. Osserva ogni particolare come se si dovesse riconoscere.

Inclina leggermente la testa da un lato, guardandosi negli occhi, sembra che stia flirtando con se stessa. Si lecca velocemente le labbra. Con un dito ne percorre il contorno una, due, tre volte. Velocemente. Poi la sua attenzione torna sugli occhi.

Prende la spazzola e inizia a passarsela tra i capelli continuando a mantenere lo sguardo fisso. Tira i capelli indietro per legarli in una coda.

Mi piace così. Si vedono i lobi e i lineamenti dolci del viso, la forma degli zigomi, i muscoli del collo. Gli occhi sembrano più lunghi.

Si volta di scatto per guardarmi. Resta per un attimo immobile, quasi per mettermi a fuoco, poi sorride. Dev’essersi accorta del mio sguardo che penetrava pesante e curioso oltre la fessura della porta lasciata socchiusa.

Viene da me mantenendo sulle labbra quel sorriso. Si avvicina e io la bacio, come si bacia una fotografia, a labbra chiuse, con dolcezza.

Sembra più giovane della sua età, forse per via delle lentiggini o del suo modo di fare. Forse per via della sua pelle bianchissima o del suo modo di parlare.

La osservo mentre si trucca. Si analizza il viso allo specchio. Apre la bocca mentre si accinge a passare il mascara sulle ciglia. Ha i denti grandi e bianchi, la bocca piccola e carnosa, rosa.

Mi dice che è pronta, che possiamo andare e io non so fare altro che sorriderle. Sorrido e annuisco. Raccoglie le sue cose guardandosi intorno. Io controllo solo se ho le tasche dei pantaloni piene. Le porgo gli orecchini che aveva dimenticato sopra il comodino, ma non li indossa, li ripone nella piccola borsa.

Avvicinandomi alla finestra sposto la tenda per guardare fuori, ma mi anticipa dicendo che non c’è nulla da vedere da lì. Dev’essere già stata qui, chissà con chi.

Prima di uscire mi volto a guardare quella stanza. Dico “ ciao camera”, la bacio piano sulle labbra strette e chiudo la porta dietro di noi.