giovedì 2 settembre 2010

Questione di pelle

Cristalli di conchiglie, vetro, madreperla e metallo nuotano nell’acqua, depositandosi sul fondo, sopra la sabbia. Luccicano alla luce del sole di agosto, un sole stanco, malato. La mia pelle bianca, pulita, riflette ogni raggio. Sento gli sguardi addosso. Abbasso lo sguardo. La sabbia scorre veloce e viscida tra le mie dita. Si scioglie rapidamente nell’acqua rendendola torbida. C’è puzza di pesce putrido.

Ho voglia di trovare la vita nelle pozzanghere lungo il molo, invece tu ci vedi solo la morte. Schiuma cancerogena e morte. Esagerata. Nuvole di microscopici pesci scuri si nutrono di ciò che resta attaccato sul fondo delle barche attraccate nel porto, incredibili parassiti eleganti e sinuosi.

Vecchi pescatori rinfrescano le rughe tagliate dai raggi solari e dalla salsedine all’ombra di un capanno arrugginito. Scherzano e ridono tra di loro in dialetto. Un manifesto campeggia sulle loro teste bianche, dice ‘Nuoto e inglese a San Benedetto’. Poi penso ai ratti che si nascondono da qualche parte, che ci osservano e che aspettano il momento giusto per uscire allo scoperto.

Il piazzale sembra non finire mai e spero che un po’ di brezza riesca a rinfrescarmi il collo. Ho paura di cadere in acqua, ci penso continuamente, poi lo immagino. Sorrido amaramente vedendomi affogare. Sento il respiro farsi più veloce. Sento la tensione irrigidire i muscoli.

In libreria vago per un po’ prima di decidere che chiedere ciò che cerco renderebbe tutto più semplice. Magari fosse sempre così. Forse non sempre.

Il riflesso sulla vetrina mi mostra un’immagine di me che sembra lontana. Non riconosco il mio volto. Questo involucro che mi contiene non sono io, non mi appartiene. Questa faccia è solo vagamente somigliante alla mia. Sfatta. Mi sento sfatta. Gli occhi sono gli stessi, i vestiti anche benché abbiano un diverso modo di appoggiarsi al mio corpo. La pelle, i nei, le lentiggini sono le stesse. Ma non mi riconosco. Sono sfatta.


Passo la lingua sul dorso della mano per assaggiarmi. Sento l’odore del mare, il suo sapore sciogliersi lento sulla lingua granulosa. Brivido lungo la schiena fino alla nuca, al collo, al seno.

Chiudo gli occhi rifugiandomi nel buio che mi accoglie sotto le palpebre. Odio l’estate. L’estate è la stagione più triste ed oziosa dell’anno. Come sempre aspetto l’autunno per risorgere o per morire.

3 commenti:

  1. l' estate ci cucina per bene, e finisce che non piace quasi mai quanto si vorrebbe.
    Speriamo che l' autunno si faccia piacere di più ;)

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  2. forse preferisco l'estate. e-sta-te.

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  3. L'autunno e il freddo invernale mi preoccupano sempre molto. Specie quest'anno. Se non ci penso,mi distraggo, magari va tutto bene. Speriamo.
    Bel post. Molto.

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